5 consigli per una spesa più green: tra falsi miti e sostenibilità

Fare la spesa è una delle azioni più comuni del nostro quotidiano, eppure, anche andare al supermercato può influenzare notevolmente l’ambiente. Piccoli gesti, giorno dopo giorno, possono avere un peso incommensurabile nell’educazione ambientale.

Vediamo insieme 5 consigli pratici per una spesa green, facendo attenzione a sfatare anche qualche falso mito. 

1. Usare le tote bags? Sì, ma nel modo giusto

Acquistare delle pratiche buste di tela o polipropilene (come mostrate in figura) potrebbe essere oneroso in un certo senso, ma solo all’inizio. Chiamate anche tote bags o shoppers, queste pratiche borse sono assolutamente riutilizzabili, e spesso osannate come la soluzione definitiva alla spesa ecologica. 

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Il vero grande difetto? L’accumulo. Spesso e volentieri infatti (o per omaggio o per acquisto diretto) ci ritroviamo in garage delle borse anche inutilizzate, che più che aiutare l’ambiente lo inquinano per una sovrapproduzione. Lo dimostra uno studio dell’Agenzia britannica per la protezione dell’ambiente (la Uk Environment Agency, Ukea).

Tote bags? Certo, ma vediamo di usarle bene e spesso piuttosto che lasciarle in casa a prendere polvere.

Se proprio non riuscite a trovarle comode, molti supermercati hanno adottato l’utilizzo di buste in carta riciclata e plastica degradabile, utili per poter riporre anche i rifiuti umidi.

2. Occhio al chilometraggio e alla stagione

Uno dei consigli sicuramente più quotati è quello forse più scontato: osservare le etichette e vedere la provenienza del prodotto. Seppur ovviamente i prezzi ci tentino verso scelte decisamente più inquinanti, ci è facile immaginare che un prodotto più vicino al supermercato dove stiamo acquistando ha impiegato meno risorse per raggiungere lo scaffale.

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[ ph: considerovalore.it ]
Ancor più semplice è anche ipotizzare come sia complicato ottenere un ortaggio non proprio adattato al clima di una stagione e metterlo comunque in vendita.

Il nostro portafoglio potrebbe non esserne felicissimo, ma scegliere prodotti di stagione, biologici, può essere utile soprattutto per la nostra salute, assicurandoci una dieta variabile, sana ed equilibrata. 

3. La data di scadenza

Sempre osservando le etichette, ecco che arriva la temutissima data di scadenza, una delle peggiori cause di spreco alimentare. Bisogna infatti ben distinguere tra le formule “consumarsi entro” e “consumarsi preferibilmente entro”. 

Quanti di noi, senza neanche essersi davvero assicurato dell’integrità del prodotto, ha preferito buttare confezioni (il più delle volte mai aperte) solo perché in ritardo dalla data di scadenza? Acquistate magari solo perché era in offerta, ma poi dimenticate in frigo per giorni? Troppi.

Facciamo chiarezza.

Termine Minimo di Conservazione (TMC)” è una sigla, ma “data di scadenza” è tutt’altra cosa. Le due diciture sono sostanzialmente differenti e rappresentano, anche legalmente, due casi indipendenti.

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Il TMC è la dicitura che presenta l’avverbio “preferibilmente“, e rappresenta un intervallo di tempo (variabile da 3-6 mesi sino a oltre 2 anni) che viene stabilito da ogni azienda in relazione alla qualità delle materie prime, alla merceologia, al trattamento industriale e al sistema di confezionamento. Nel tempo indicato come conservazione ottimale, il produttore si impegna a garantire il mantenimento delle caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto. Banalmente, è una assicurazione del produttore verso i consumatori.

Trascorso il tempo minimo di conservazione indicato, l’alimento entra nel periodo in cui, pur mantenendo le proprie caratteristiche in merito alla sicurezza igienico sanitaria, può variare la sue qualità organolettiche o, nel peggiore dei casi, andare incontro ad attacco microbiologico. 

Quindi che fare? Questa tabella chiarisce molti punti in merito, e comunque, osservare ed annusare il prodotto per individuare eventuali muffe può essere un ottimo metodo. Specialmente se parliamo di pochi giorni di ritardo fino a qualche settimana (per confezioni integre) dalla data trascritta.

[ foto di: MV Consulting – Consulenza Qualità & Alimenti ]

4. Gli imballaggi: quando troppi e inutili

Ogni prodotto per essere trasportato fino al supermercato ha bisogno di 3 specifici imballaggi (o packaging):

  1. Primario: packaging utilizzati per confezionare e conservare prodotti singoli, pronti al consumo.
  2. Secondario: spesso definiti imballaggi multipli in quanto raggruppano più unità di vendita. 
  3. Terziario: facilitano la manipolazione e la spedizione di imballaggi multipli o singole unità di vendita.

Escludendo il terziario, primario e secondario sono i veri protagonisti nella nostra spesa, arrivando ad eccessi ai limiti dell’assurdo. 

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[ esempi tratti da una vera e propria “denuncia social” scoppiata qualche mese fa ]
Vi è mai capitato di essere letteralmente invasi da carte di monoporzioni, cartoncini, pellicole di plastica senza ritegno? Ebbene, anche non lasciarsi ingannare dalle pubblicità e confezioni eccessive può essere un ottimo metodo per ridurre, una volta consumati i prodotti, i loro annessi rifiuti.

Comprare sfuso è la soluzione indubbiamente ideale, ma non essendo spesso la maggior parte dei supermercati organizzati in merito, anche solo avere una accortezza nella scelta dell’acquisto può fare già tantissimo per l’ambiente. 

Lo sfuso è infatti anche e soprattutto una opzione notevolmente più economica per i nostri portafogli, e pian piano si sta comunque espandendo nelle catene più note.

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5. Ridurre al minimo le spese quotidiane

Può sembrare una banalità, eppure, è un concetto tanto semplice quanto troppe volte sottovalutato.

Recarsi al supermercato più volte, spesso anche e solo per poter acquistare prodotti al minor prezzo in diversi ipermercati, può essere uno dei principali motivi per cui ci si sposta in macchina. E spostarsi in macchina equivale ovviamente a maggiori emissioni di anidride carbonica.

Siete davvero certi che consumare benzina valga la pena per risparmiare il prezzo anche di un singolo prodotto?

A voi la scelta.


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